Sta per compiere un secolo di vita il jazz manouche, il genere inventato da Django Reinhardt che mette in primissimo piano gli strumenti a corda, soprattutto le chitarre, secondo uno stile preso dagli zingari sinti, etnia di cui faceva parte. E non a caso si parla anche di “jazz gitano”. Una musica divertente, ritmatissima, che però a volte resta confinata al repertorio ideato dal suo creatore e a pochi altri.
Problema risolto con i Four On Six, la band … nasce nel 2011 un po’ per fare musica, certo, ma anche per fare stare insieme un gruppo di amici ( Fausto Savatteri e Alessandro Centolanza alla chitarra manouche, Matteo Prina al contrabbasso, Martino Pellegrini al violino e Arturo Garra al clarinetto), e il rapporto personale si vede sul palco e contribuisce a fare allegria. Ma la chiave sta nelle musiche che vengono suonate, che nulla hanno a che fare all’origine col manouche, ma sono state riadattate in modo sorprendente per il pubblico.
Non mancano gli omaggi alla tradizione italiana riproposti in chiave jazz. E così si va dalle arie del Barbiere di Siviglia e della Traviata e alle colonne sonore che Nino Rota scrisse per vari film, in particolare quelli di Fellini.
Il risultato è spesso travolgente e ha dato ai Four On Six successi anche in giro per l’Europa ( Francia, Belgio, Spagna, Svizzera, Svezia e Danimarca, dove hanno avuto applausi a scena aperta al Copenhagen Jazz Festival) e per il mondo ( Corea del Sud, Giappone e Taiwan). Il manouche insomma li ha portati un po’ dappertutto, con centinaia di concerti. Stasera eccoli nella loro città. E per festeggiare, presenteranno in anteprima alcuni brani del nuovo album in uscita nel 2023.
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